Teatro Alla Scala di Milano

Dagli aristocratici Crivelli ai borghesi Tagliabue

Palco n° 18, I ordine, settore destro
9
Uomini
1
Donne
3
Nobili
4
Imprenditori
1
Patrioti
1
Benefattori
1
Professionisti
1
Militari
1
Funzionari

La dinastia Crivelli, originaria di Cuggiono, fu una delle più antiche e illustri della Lombardia, annoverando nel corso dei secoli alti dignitari di corte, ambasciatori, cavalieri di Malta e, nel Medioevo, persino un papa, Urbano III (Uberto Crivelli). La discendenza nel corso dei secoli si articolò in diversi rami, ed è ad uno di questi - i Crivelli marchesi di Agliate - che appartiene il palco sin dall’apertura del Teatro nel 1778, nella persona di Tiberio. Figlio di Enea e Teresa Trotti, Tiberio Crivelli (1737-1804), Ciambellano imperiale, Decurione di Milano e assessore del Tribunale Araldico di Milano, sposa la marchesa Fulvia, ultima discendente dei conti Bigli, dalla quale ha otto figli tra i quali Enea (1765-1821), che eredita il titolo di marchese di Agliate e il palco.
Dal matrimonio di Enea con Eleonora Bentivoglio nasce primogenito Vitaliano Crivelli (1806-1873). Contro il volere dei genitori, Vitaliano sposa Marianna Castaldini, orfana di un colonnello morto durante la campagna di Spagna di Napoleone. Il marchese, appassionato cultore d’arte antica, collezionista e mecenate, parte con la giovane moglie alla volta di Roma alla scoperta del mondo classico. Ma nel 1829 ritorna a Milano vedovo, con in braccio la figlia Marianna Teresa di pochi mesi. Nel 1837 si risposa con Lucia Cajmi, di antica famiglia patrizia.
Negli anni che seguono la storia del palco scaligero si intreccia con le vicende del Risorgimento. Vitaliano Crivelli intrattiene un carteggio con Giuseppe Mazzini, ha un assiduo rapporto con Carlo Cattaneo e con gli ospiti del salotto di Clara Maffei. La sera del 12 febbraio 1848, al Teatro alla Scala, nell’atmosfera antiaustriaca che sarebbe culminata nell’insurrezione delle Cinque Giornate di Milano, il marchese, insieme ad altri patrioti, pilota la claque tra applausi canzonatori e fischi rivolti a Fanny Elssler, famosa ballerina austriaca osannata in tutta Europa, da Londra a Parigi, da San Pietroburgo a Berlino. L’étoile, che quattro anni prima aveva letteralmente soggiogato e sedotto il pubblico milanese, oscurando addirittura il mito di Maria Taglioni, dopo quella infausta serata rompe il contratto con la Scala per tornare precipitosamente a Vienna. Il comportamento provocatorio e sfacciatamente ostile al governo asburgico sarebbe stato una motivazione sufficiente per l’arresto se la notte stessa il Crivelli non fosse fuggito verso il Piemonte. Rientrato a Milano dopo l’Unità d´Italia, è consigliere, quindi assessore al Comune di Milano e si dedica a sistemare, nella sua villa di Trezzo sull’Adda, la raccolta di dipinti di gusto neoclassico che formano la Quadreria Crivelli oggi di proprietà del Comune.
Vitaliano mantiene il palco fino al 1866. A partire dall’anno successivo e sino al 1876 la nobile famiglia è sostituita da Carlo Pigni, industriale e commerciante di filati, con negozio in piazza Filodrammatici 10, esponente di quella borghesia imprenditoriale lombarda che andava sempre più affermandosi e che in numerosi casi acquista palchi scaligeri appartenuti a famiglie nobili. Al medio ceto appartengono anche tutti i proprietari successivi: Carlo Bosisio sposato con Adelaide Superti, ballerina nello stesso teatro dal 1829 al 1843; Telemaco Chiappa, proprietario nel 1881-1882, titolare dal 1867 dell’omonima Sartoria Teatrale in via di Santa Radegonda, definito “simpatica figura di industriale, accorto, intelligente e operosissimo” (Il Teatro Illustrato, 1914). La sua ditta era stata in grado di fornire 690 costumi per una produzione di un Teatro di Modena. Tra le sue molteplici attività, nel 1867 era stato anche impresario e cassiere del Teatro alla Scala.
Infine, dal 1883 al 1920, il palco appartiene alla famiglia Tagliabue, padre e figlio. Il nome di Ermenegildo Tagliabue, commerciante, compare come proprietario anche in altri tre palchi in III e IV ordine acquistati dopo l’Unità d’Italia. Carlo Tagliabue, chincagliere, subentra al padre nel 1907.
La vicenda di questo palco è emblematica della mutata funzione della proprietà di un palco. Per molti borghesi emergenti e benestanti il palco è innanzi tutto un investimento immobiliare, che garantisce una rendita cospicua e sicura mediante l’affitto per l’intera stagione, oppure viene messo in vendita se si vuole recuperare il capitale. La prassi dell’affitto di un palco nella seconda metà dell’Ottocento diventa così frequente e generalizzata che l’Associazione dei palchettisti predispone un modulo standard, in modo che le condizioni d’affitto siano omogenee e si eviti un eccesso di speculazione. Anzi, molto spesso, la Associazione dei palchettisti prende in affitto in prima persona i palchi disponibili e provvede a sua volta a subaffittarli o a darli in gestione all’impresario per la vendita serale o per un abbonamento.
Carlo Tagliabue mantiene la proprietà del palco sino al 1920, anno in cui si costituisce l´Ente autonomo Teatro alla Scala e inizia l´esproprio dei palchi privati da parte del Comune di Milano.

Giulia Ferraro (G.F.)

Proprietari