Teatro Alla Scala di Milano

Il palco dei Recalcati e dei Borromeo Arese

Palco di proscenio, II ordine, settore destro
8
Uomini
3
Donne
1
Enti
11
Nobili
2
Imprenditori
2
Patrioti
3
Benefattori
1
Militari

Nel palco di proscenio del II ordine destro si sono avvicendati i personaggi di due tra le famiglie della nobiltà milanese: i Recalcati, ben presto estinti dopo pochi anni di storia scaligera, e i Borromeo Arese, di imperitura dinastia.
Primo proprietario fu il marchese Antonio Luigi Recalcati (1731-1787). Il suo casato estendeva i propri possedimenti tra Milano, la Brianza e il Varesotto; proprio qui, Gabrio Recalcati aveva dato avvio alla costruzione della famosa villa, che nel tempo poté vantare come ospiti personaggi del calibro di Parini o Verdi, fino a diventare poi l’attuale sede della Provincia e della Prefettura di Varese. Dall’unione con Giustina Lambertenghi, Antonio Luigi ebbe solo un figlio, Carlo, morto ventenne nel 1797. Fu così che Giustina Recalcati Lambertenghi (1743-1825), rimasta vedova e senza eredi, fu costretta a disperdere il patrimonio di famiglia, vendendo beni e possedimenti ai Melzi di Cusano e agli Scotti di Vigoleno.
Il palco, invece, divenne e rimase continuativamente proprietà dei Borromeo Arese - già erano stati utenti nel 1809 e 1810 - dal 1827, a partire dal conte Giberto Borromeo Arese <1.> (1751-1837), detto anche il “Gibertone” per gli innumerevoli incarichi di rappresentanza di cui era stato investito dagli austriaci, dopo essere stato incarcerato durante il periodo napoleonico.
Conservatore perpetuo della Biblioteca Ambrosiana, grande e munifico mecenate oltre che uomo pubblico, alla sua morte il palco passò in eredità al figlio Vitaliano (1791-1874) il quale, insieme ai nove figli, guiderà il casato dei Borromeo Arese all’indomani dell’Unificazione. Legato alla corona asburgica, come il padre, da importanti cariche (Ciambellano, Gran Siniscalco, Gran Coppiere, Consigliere intimo, Cavaliere del Toson d’Oro d’Austria…), Vitaliano non si rese mai servile ma piuttosto assunse una coraggiosa posizione patriottica durante le insurrezioni: nel 1848 barricò il proprio palazzo e lo trasformò in una riserva di munizioni e in prigione dove, tra gli altri, venne condotta l’amante del generale Radeszky. Con la soppressione dei moti rivoluzionari, il palazzo venne occupato dagli austriaci e i beni sequestrati. Con i figli già militanti per l’esercito sabaudo, Vitaliano ottenne la cittadinanza sarda e divenne amico di Cavour. Il conte fu un uomo colto, oltre che patriota: appassionato di scienze e botanica, acquistò per sé un intero museo di mineralogia; fu amico di Alessandro Manzoni, che ne immortalò, ne I Promessi Sposi, uno dei più insigni antenati, il cardinale Federico Borromeo. Vitaliano fu anche presidente e membro di diversi consigli: l’Istituto lombardo di scienze e lettere, la Società di Navigazione a vapore del Lago Maggiore, la Società per la ferrovia da Milano a Venezia.
Alla sua morte il palco fu ereditato da uno dei figli, Giberto <2.> (1815-1885), ricordato come l’artista della famiglia. Pittore paesaggista, più che dilettante, aveva studiato con Ashton e Fontanesi e partecipato a diverse esposizioni. Fu consigliere dell’Accademia di Brera e membro del consiglio di amministrazione della Fabbrica del Duomo, oltre ad essere uno dei fondatori della Società storica lombarda.
Il palco passò poi in eredità ad un altro ramo della famiglia, ovvero al fratello Emilio (1829-1909), sposato ad Elisabetta Borromeo Arese, nata Litta Visconti Arese (1839-1928) da cui ebbe un unico figlio, Giberto <3.>. Questi, come i predecessori, fu un tipico esponente della nobiltà milanese dei tempi, dedicandosi all’amministrazione delle proprietà di famiglia, all’impegno pubblico come consigliere comunale e, Senatore dal 1924, alla gestione di imprese e società, soprattutto nel campo delle infrastrutture (Strade Ferrate del Mediterraneo, Ferrovie elettriche Stresa-Mottarone, valico ferroviario del Sempione, linea Domodossola-Locarno). Fu nominato, tra gli altri, Cavaliere dell’ordine di Malta e della Corona d’Italia e venne investito da Vittorio Emanuele III del titolo di 1° principe di Angera.
Giberto <3.> è l´ultimo titolare: nel 1920 il Comune di Milano inizia l´esproprio dei palchi privati e si costituisce l´Ente autonomo Teatro alla Scala.

Maria Grazia Campisi (M.G.C.)

Proprietari