Il conte, la bestia e… un palco
Le autorità governative austriache, nella persona del Conte di Kevenhüller, il 14 luglio 1792 pubblicarono a Milano un Avviso nel quale si diede notizia dell’uccisione dei due fanciulli da parte di "una feroce Bestia di colore cinericcio moscato quasi in nero, della grandezza di un grosso Cane". Fu indetta quindi una "generale Caccia" con premio di 50 zecchini per chi avesse ucciso la "predetta feroce Bestia". L’Avviso nella sua veste originale è pubblicato a preludio del libretto di Giorgio Caproni Il conte di Kevenhüller (Garzanti 1986); lo scrittore con lo pseudonimo di Aleso Leucasio svolge un metaforico percorso poetico intorno alla cattura della bestia, una preda che "anche se non esisteva, c’era".
Il conte Khevenhüller, immortalato nel libro, è il primo proprietario, con sua moglie Giuseppina Mezzabarba, del palco n° 17, del II ordine di destra.
Discendente della famiglia dei Khewenhüller, nobili originari della Carinzia, Johann Emanuel Joseph von Khewenhüller-Metsch fu l’ultimo figlio della contessa Karoline von Metsch e di Johann Joseph von Khewenhüller, capo maggiordomo dell’imperatrice Maria Teresa; creato principe nel 1767, Johann Joseph von Khewenhüller unisce al proprio il cognome della moglie, acquisendo il diritto di trasmettere il titolo principesco ai primogeniti. Johann Emanuel, come il padre, entrò nelle grazie asburgiche, divenendo consigliere intimo di Francesco I d’Austria.
Nel 1773, milanese d’adozione e citato nelle fonti come Emanuele, il conte si sposò con la diciottenne Maria Giuseppina Mezzabarba (1757-1811), ultima erede dell’omonimo casato pavese; la figlia Marie Leopoldine (1776-1851) convolò a nozze nel 1794 con il patrizio milanese Febo d’Adda (1772-1836). Ritroviamo il nome del marchese d’Adda nel 1809, come utente del palco, diviso con Giuseppe Visconti: i due, entrati i francesi a Milano, erano stati delegati, con tanti altri esponenti del patriziato, a far rispettare avvisi e decreti emanati dal nuovo governo (fra i quali, quello di evitare di suonare le campane per evitar sedizioni) e in particolare a ricevere le notificazioni per la leva della Milizia urbana, nelle varie zone della città; Giuseppe Visconti era delegato a Porta Vercellina nella parrocchia di Santa Maria Pedone, Febo D’Adda a Porta Nuova nella parrocchia di San Bartolomeo. Tranne questa parentesi, il palco rimane a Emanuele di Khewenhüller decisamente longevo (1751-1847) e che si era accumulato un notevole patrimonio fondiario, sino a quando nel 1848 passò alla figlia Marie Leopoldine, vedova dal 1836.
Dopo il 1856, proprietari risultano i fratelli Vitaliano (1800-1879), coniugato a Carolina Doria, e Carlo d’Adda (1816-1900), rispettivamente secondogenito e quartogenito di Febo e Leopoldine. Dopo due anni, il palco è intestato soltanto a Carlo, marchese di Pandino, patriota già dalle Cinque giornate, fortemente avverso al dominio austriaco, esule in Francia, amico di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, coniugato con una delle donne più vivaci del secolo, la giovane nipote Maria Falcó Valcarcel Pio di Savoia, detta Mariquita per le sue origini spagnole. Salonnière e patriota, promotrice ai tempi del 1848 di una lettera Alle donne degli Stati Sardi, nella quale si chiedeva, oltre all’unità nazionale, il rispetto dei diritti femminili, dopo il 1859 segue il marito nominato prefetto a Torino, fondando un salotto frequentato anche da Cavour e Ricasoli; tornata col marito a Milano dopo l’Unità, Mariquita riunì nella sua casa di via Manzoni 45 intellettuali e politici di tendenza liberal-conservatrice; Carlo d’Adda si distinse tra i fondatori del giornale La Perseveranza, per le sue attività industriali (era coinvolto nelle Ferrovie) e benefiche quale presidente della Congregazione di Carità di Via Olmetto e dell’Ospedale Maggiore.
Morti Mariquita e Carlo d’Adda, il palco passa nel 1901 a Leopolda d’Adda (1847-1922), vedova del senatore del Regno Annibale Brandolin, unica figlia sopravvissuta dei quattro della coppia, detta Leopoldina, come la nonna Khewenhüller, ed effigiata bambina da Vincenzo Vela in un marmo straordinarimente delicato. A lei succede Virginia Longhi (1856-1936), moglie di Giuseppe Crespi, rampollo di una delle famiglie industriali più importanti d’Italia (era fratello di Benigno, comproprietario del Corriere della Sera e dell´imprenditore Cristoforo), leader sin da metà Ottocento nel commercio dei filati del cotone. Virginia compare titolare sino al 1920, quando si costituisce l´Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune di Milano inizia l´esproprio dei palchi privati.
Pinuccia Carrer (P.C.)
Proprietari
- Brandolin D'Adda, Leopolda Nobili, BenefattoriNobili, Benefattori1902
- Crespi, Giuseppe ImprenditoriImprenditori1904-1906
- Crespi Longhi, Virginia BenefattoriBenefattori1903|1907-1920
- D'Adda, Carlo Nobili, Patrioti, Benefattori, FunzionariNobili, Patrioti, Benefattori, Funzionari1856-1901
- D'Adda, Febo Nobili, Letterati, BenefattoriNobili, Letterati, Benefattori1809-1810
- D'Adda Khevenhüller-Metsch, Marie Leopoldine Nobili, Imprenditori, BenefattoriNobili, Imprenditori, Benefattori1848|1852
- D'Adda, Vitaliano Nobili, Imprenditori, BenefattoriNobili, Imprenditori, Benefattori1856-1857
- Khevenhüller-Metsch, Johann Emanuel Nobili, FunzionariNobili, Funzionari1778-1784|1787-1796|1813-1815|1817-1847
- Khevenhüller-Metsch Mezzabarba, Maria Giuseppina NobiliNobili1778
- Visconti di Saliceto, Giuseppe Nobili, LetteratiNobili, Letterati1809-1810