Teatro Alla Scala di Milano

Un palco tra ricchi e “amici dei poveri”

Palco di proscenio, III ordine, settore destro
14
Uomini
1
Donne
8
Nobili
8
Imprenditori
1
Patrioti
8
Benefattori
4
Professionisti
1
Funzionari

Nel 1778 don Pietro Cozzi, del fu Antonio Maria, ebbe accesso alla proprietà di due palchi nel nuovo Teatro alla Scala, che apriva per la prima volta le porte con Europa riconosciuta di Antonio Salieri. Del prestigioso I ordine don Pietro condivise la proprietà del palco n° 10 del settore sinistro con una famiglia di antica nobiltà, Caimi Ciceri, e con i fratelli Pini; del III ordine si poté invece permettere l’esclusiva sul palco di proscenio del settore destro. Inserito negli alti gradi nell’apparato della burocrazia della Lombardia asburgica, quale Giureconsulto e tesoriere del Senato, don Pietro ottenne il titolo di barone per Regio Diploma del 1780 in cambio della rinuncia alla privativa della Stamperia ducale di Milano e nel 1795 sancì definitivamente la propria affermazione in città con l’acquisto di Palazzo Porcari, proprio alle spalle della Scala, nell’odierna via Arrigo Boito 8, che sarebbe rimasto alla famiglia Cozzi fino al 1890, quando Giovanni Battista morì senza eredi diretti, lasciando il suo ingente patrimonio al figliastro Pompeo Calvi, mentre il palazzo sarebbe stato acquistato dalla famiglia di industriali del cotone Amman, austriaci di origine ebraica stabilitisi a Milano all’inizio dell’Ottocento
Il 15 maggio 1796 l’esercito francese guidato dal generale Bonaparte faceva il suo ingresso a Milano e da allora fino all’epilogo delle vicende napoleoniche gli assetti sociali si stravolsero e con essi gli ordini del teatro che li rispecchiavano: molti dei palchettisti furono i filofrancesi e il palco di proscenio del III ordine destro ha come utente Carlo De Pietri (circa 1769-1821), al quale Carlo Porta dedica una lunga poesia titolata: Al Sur Carloeu de Peder car amis e bon padron datata 9 luglio 1816, nella quale si ricorda di una serata in casa Giovia arricchita di bevute e scommesse e pretende quindi le sue due bottiglie di buon vino. Il poeta si firma Meneghin Loffi, che è come dire Milanese Spossato, stanco… Ovviamente il testo sottende una metafora: per un poeta come il Porta, il ritorno degli austriaci era “logorante”.
Nell’inverno 1812-13 con la disastrosa campagna di Russia iniziò il declino di Napoleone e i francesi nella primavera del 1814 lasciarono precipitosamente Milano dove il conte Giuseppe Prina, ministro delle finanze del Regno d’Italia, venne linciato a punte di ombrello da una folla inferocita. La Restaurazione era vicina e già nel 1813 molti dei i vecchi proprietari dei palchi tornavano ai propri posti. Luigi Cozzi (1756-1826), figlio di Pietro e Teresa Vigoré, annoverato nell’elenco degli “Amici dei poveri di Milano”, fu proprietario del palco fino al 1823, quando a lui subentrò il figlio Giovanni Battista (1780-1842), avuto dal matrimonio con Camilla Bressi: Giovanni Battista era coniugato dal 1833 con Cristina Bellinzaghi, figlia di una palchettista di vecchia data, Carolina Pecis (n° 13, I ordine, settore sinistro).
Nel 1830 fa la sua comparsa nelle fonti un nuovo nome, quello di Ludwig Franz von Seufferheld (1782–1853), trasferitosi negli anni Venti dell’Ottocento dalla nativa Francoforte sul Meno a Milano. Ludovico Francesco aveva preso residenza a Palazzo Marchetti in contrada del Morone 70 (oggi via Morone 4) e nel 1829 aveva sposato in seconde nozze, a Bergamo, Carolina Maumary, cognata del politico Massimo d´Azeglio.
Barone e banchiere, Seufferheld fu commerciante in seta, un settore in forte espansione nella Lombardia della prima metà dell’Ottocento; egli compare tra i ventiquattro fondatori della Società che nel 1837 promosse e finanziò la costruzione della ferrovia Milano-Venezia. Dei coniugi così si può leggere nelle lettere di D´Azeglio alla moglie Luisa Maumary Blondel, sorella di Carolina: «Seufferheld e Carolina, a Genova, per la festa delle catene! Già, l’ho sempre detto che finiranno sansculottes.». Per lunghi periodi, probabilmente, le due coppie villeggiarono insieme a Villa Monastero, a Fiumelatte sul ramo di Lecco. Un intricato groviglio di legami parentali li univa. Massimo d’Azeglio aveva sposato in prime nozze Giulia Manzoni, figlia di Alessandro e di Enrichetta Blondel, rimanendone presto vedovo. Luisa Maumary era invece la prima moglie di Enrico Blondel, fratello di Enrichetta. In virtù di tale guazzabuglio familiare, non troppo insolito in verità per la nobiltà dei tempi, era probabile che Seufferheld conoscesse personalmente e frequentasse le stesse persone e gli stessi luoghi (ville, o, perché no, palchi) di “Don Lisander”, ovvero Alessandro Manzoni, a tutti noi ben più noto per i suoi meriti letterari.
Morto Seufferheld, il palco venne rilevato nel 1856 da Antonio De Vecchi, industriale serico e banchiere, e alla sua morte nel 1883 dal figlio Massimo (1849-1917), prima da solo poi con alcuni comproprietari industriali. Cavaliere, residente in via Monte di Pietà, fu, quest’ultimo, proprietario e presidente dell’omonima società Massimo De Vecchi, oltre che impegnato su più fronti nella vita sociale ed economica della città: presidente delegato al Consiglio superiore della Banca d’Italia nella sede di Milano, consigliere dell’Associazione per l’assistenza medica negli infortuni sul lavoro, membro della Società di Incoraggiamento di Arti e Mestieri e del consiglio di amministrazione del Teatro Manzoni dalla sua fondazione nel 1872.
Nel 1898 il palco cambiò temporaneamente proprietario, acquistato da Guido de Capitani da Vimercate (1859-1942), ingegnere civile, e dalla consorte Adele, dei quali rimangono i fedeli ritratti di Giuseppe Palanti, esposti nella Quadreria dell’Ospedale Maggiore, in qualità di benefattori.
Dal 1904 al 1917 ritorna la titolarità di Massimo De Vecchi con i suoi consoci, per rimanere poi al già comproprietario avvocato cavaliere Massimo Della Porta (1883-1940), presidente del Consiglio degli Istituti Ospitalieri di Milano, dal 1918 al 1920, anno in cui si costituisce l’Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune di Milano inizia l´esproprio dei palchi privati.

Maria Grazia Campisi (M.G.C.)

Proprietari