Teatro Alla Scala di Milano

Il palco dei diplomatici della famiglia Crivelli

Palco n° 15, I ordine, settore destro
11
Uomini
1
Donne
7
Nobili
3
Imprenditori
5
Benefattori
5
Professionisti
1
Militari
3
Funzionari

I Crivelli furono una delle più antiche e potenti famiglie milanesi, annoverando in ogni epoca esponenti di spicco nelle gerarchie al potere, diplomatici di ogni tipo e persino un papa, Urbano III. Imparentata con casati di pari dignità nobiliare, dai Borromeo ai Serbelloni, la sua discendenza nel tempo si è articolata in diversi rami, ed è ad uno di questi – i cosiddetti Crivelli di Cremona - che è legata la storia del palco. Già nel 1778, Antonio Crivelli (?-1782circa) era intestatario del palco insieme al fratello Giuseppe. Il conte Antonio, che rivestiva la carica di Consigliere Intimo di Stato, nel 1766 aveva sposato Franziska Marie Karoline Pückler von Groditz e nel 1775 aveva ottenuto da Maria Teresa il titolo sui feudi di Luino e Quattro Valli.
Alla sua morte ad ereditare tutto ciò e il palco n° 15 fu il figlio Ferdinando Crivelli Pückler (1767-1856), Imperial Regio Ciambellano, Gran-Maestro della Corte dell’Arciduchessa Elisabetta. Sposato nel 1808 a Giulia Serbelloni, dama della Croce Stellata, il conte Ferdinando ottenne di estendere il titolo nobiliare al suo secondogenito, Alberto (1816-1868), che erediterà il palco dal 1856. Da viennese qual era, Alberto rimase legato alla corte imperiale, come ambasciatore austriaco presso la Santa Sede, collaborando alla stesura del Concordato del 1855; dalla sua unione con Maria Serbelloni Sfondrati nel 1857, il casato Crivelli acquisì non solo il ducato di S. Gabrio ma anche il prestigioso cognome, del tutto estinto negli altri rami per mancanza di discendenza maschile e confluito proprio nei Crivelli Serbelloni.
Ad ereditare i cognomi e il palco fu il figlio Giuseppe Crivelli Serbelloni (1862-1918), nato a Madrid durante una delle missioni diplomatiche del padre, avendo addirittura come madrina di battesimo la Regina Isabella di Spagna. Impegnato nell’amministrazione provinciale di Como, in merito a strade, trasporti e navigazione sul lago, fu sindaco di Taino per molti anni, nominato direttamente dal re Umberto I nel 1889. Qui costruì la scuola elementare su un terreno da lui stesso donato al comune, la chiesa di S. Stefano, la scuola materna. Trascorse la propria vita tra il palazzo di Taino, la villa di Luino e la residenza milanese in via Montenapoleone. La città gli deve l’Acquario di Viale Gadio, l’unico edificio eretto nel parco Sempione in occasione dell’Esposizione internazionale del 1906 a non essere smantellato a conclusione dell’evento, divenendo una stazione permanente di studio di bioidrologia applicata. Uomo di vecchio stampo, rimpiangeva di non aver partecipato direttamente all’epoca mitica del Risorgimento italiano e così scriveva all’amico Giulio Adamoli: «Tu non puoi immaginare l’invidia che destano quei ricordi patriottici in coloro che alla patria non hanno potuto dare più di qualche umile opera di pennaiuolo, di verbaiuolo... Beati voi che avete veduto quei tempi, combattuto quelle battaglie». Il conte Giuseppe non volle mai candidarsi al Parlamento per non sacrificare quella sua «tenace, selvaggia indipendenza d’opinioni [che ne] avrebbe fatto un deputato impossibile». La diffusione delle idee socialiste tra i contadini di Taino costrinsero il conte a lasciare la propria carica con tanta amarezza: “Prima taglieremo le teste ai moroni, poi quelle dei Serbelloni” si diceva. Pur con la fama di donnaiolo indefesso, dal 1885 fu sposato ad Antonietta Trotti Bentivoglio, da cui non ebbe figli. Gran parte dei volumi della sua biblioteca furono donati dalla vedova alla Società Storica Lombarda. Emblematicamente la sua morte nel 1918 segnò l’eclissarsi di un mondo: la conclusione della prima guerra mondiale, l’estinzione della famiglia Crivelli Serbelloni, la fine dell’epoca dei proprietari palchettisti alla Scala. Nel 1920 sono cinque i nomi che compaiono contitolari del fu palco Crivelli: l´avvocato Ferruccio Bolchini, gli ingegneri Carlo Castelli, Carlo Clerici e Renzo Turati e l´architetto Ulderico Tononi; ma in quello stesso anno si costituisce l´Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune di Milano inizia l´esproprio dei palchi privati.

Maria Grazia Campisi (M.G.C.)

Proprietari