L’economista che voleva la moneta unica europea
Quando il 3 agosto del 1778 venne aperto al pubblico il Nuovo Teatro Grande alla Scala con l’opera Europa riconosciuta di Antonio Salieri, maestro di cappella alla corte viennese, decaddero i contratti con gli “appaltatori” del vecchio Teatro Ducale. Erano questi i cosiddetti Impresari, in gergo settecentesco, cui subentrarono nei primi dieci anni di storia del nuovo teatro i Nobili Cavalieri Associati, una rappresentanza del Corpo generale dei proprietari dei palchi, una sorta di impresariato collettivo costituito dal conte Ercole Castelbarco, dal marchese Bartolomeo Calderari e dal marchese Giacomo Fagnani.
Gli Interessati nel scaduto appalto erano i fratelli Crivelli e il barone Federico Castiglioni, ispettore del Teatro Ducale e vicedirettore dello stesso per nomina governativa; i vecchi impresari ebbero riservato uno spazio nel nuovo teatro scaligero e precisamente nei palchi di proscenio ai due lati del quarto ordine e lo mantennero fino al 1795.
«La prova di domani è in Theatro, ma l’Impresario, il Sig. Castiglioni, si è raccomandato affinché non ne facessi parola, altrimenti la gente vi accorrerebbe a frotte, e questo non lo vogliamo». Si trattava della prova del Lucio Silla e a scrivere era proprio Wolfgang Amadeus Mozart, al quale gli appaltatori avevano commissionato una nuova opera per l’apertura della stagione di Carnevale del 1773 (26 dicembre 1772) dopo il successo, due anni prima, nello stesso Teatro Ducale, di Mitridate, Re di Ponto.
Dopo la Nobile associazione del teatro, dal 1796 al 1920 il palco vede ininterrottamente una famiglia protagonista, quella dei Minetti, a partire da Pietro Minetti (1771-1813) e a continuare con i suoi discendenti diretti o acquisiti. Pietro Minetti aveva fatto fortuna durante il dominio francese: nominato nel dicembre 1797 Ispettore Generale dell’Amministrazione Centrale dei Beni Nazionali della Repubblica Cisalpina, fu Consigliere-Savio (sei sono i consiglieri-Savi eletti dai consigli comunali durante il Regno d’Italia al tempo di Napoleone), notaio e persona molto influente nella gestione degli affari municipali. Sulla sua probità furono avanzate alcune riserve, nonostante il podestà Durini definisse il suo operato in termini positivi come si legge in una lettera del 3 dicembre 1812 dello stesso Durini al prefetto. In essa si informa di aver affidato la sorveglianza degli accenditori delle lanterne pubbliche al “Sig. Savio Minetti il cui zelo è pienamente conosciuto (…) con non poco vantaggio per la pubblica azienda”.
Gli succede nella proprietà del palco dal 1813 al 1837 la vedova Clementina Minetti Albertanelli (1777-1844), che morì nella sua abitazione in contrada S. Fedele e fu tumulata a Basilio all’età di 67 anni. Il palco passa quindi dal 1838 al 1867 alla figlia Carolina (1813-1869), benefattrice del Pio Albergo Trivulzio, delle Stelline, degli Asili Infantili e di altre istituzioni assistenziali. Coniugata con Paolo Cossa, rimasta vedova nel 1848, Carolina sposò in seconde nozze l’economista Guglielmo Rossi (1828-1887) e dal 1868 al 1887 il palco è intestato al secondo marito. Questi svolse la sua attività come docente di Scienze Commerciali ed Economiche all’Istituto Dolci di Milano e quindi come dirigente del Ministero delle Finanze, dove nel 1870 viene nominato Capo divisione della Direzione Generale del debito pubblico (ministro delle finanze: Quintino Sella). Fondatore e poi presidente della Società Lombarda di Economia Politica a Milano, fu membro di varie Società Scientifiche e Accademie italiane ed estere. Si occupò anche di istruzione primaria in Lombardia e presentò la sua Allocuzione storico-statistica nel resoconto dell’Adunanza del 5 nov. 1865 della Società Nazionale per propagare l’istruzione nella campagna. Nel 1858 fonda a Milano il mensile L’Economista: Giornale di agricoltura teorico-pratica del quale è il primo direttore. Nel 1860 pubblica le Bozze di un nuovo sistema di imposte per il Congresso degli economisti di Losanna. Nel 1867 interviene nel dibattito aperto da Cesare Cantù sui vantaggi e le opportunità di una moneta unica europea, premessa di un’auspicata confederazione europea, mettendo in rilievo da studioso dell’economia le non poche difficoltà tecniche e politiche per un progetto così ambizioso. Il suo nome infine figura nell’Elenco Generale dei sottoscrittori all’opera I Mille del Generale G. Garibaldi (Torino, 1874).
Dal 1888 al 1917 la proprietà del palco è dell’avvocato Angelo Confalonieri, al quale lo porta in dote la moglie Luigia Rossi, figlia di Guglielmo. Confalonieri, avvocato procuratore presso la corte d’appello di Milano con studio in via della Spiga 32, fu anche consigliere comunale. Il palco rimase intestato ai suoi eredi dal 1917 al 1920, anno in cui si costituisce l´Ente Autonomo Teatro alla Scala e i palchi vengono acquisiti dal Comune.
Antonio Schilirò (A.S.)
Proprietari
- Associazione dei palchettisti 1778-1784|1787-1795
- Confalonieri, Angelo ProfessionistiProfessionisti1888-1920
- Confalonieri Rossi, Luigia 1903-1915
- Cossa Minetti, Carolina Nobili, BenefattoriNobili, Benefattori1834|1836-1848|1852|1856-1869
- Minetti Albertanelli, Clementina 1817-1833|1835
- Minetti, Pietro Professionisti, FunzionariProfessionisti, Funzionari1796|1809-1810|1813-1815
- Rossi, Guglielmo Professionisti, FunzionariProfessionisti, Funzionari1868-1887