Dalla nobiltà asburgica a quella sabauda
Primo ad aggiudicarsi il palco all´asta del 20 marzo 1778 fu il Marchese don Giuseppe Antonio Molo (1729-1796), già proprietario di ben altri quattro palchi nei diversi ordini del teatro. Pagò la cifra di 3.500 Lire imperiali, fissata per tutti coloro che avessero rinunciato a un palco nel Teatro piccolo della Canobbiana. Il marchese era figura di spicco dell’amministrazione asburgica: rivestiva la carica di Tesoriere generale militare in Lombardia ed era solito organizzare accademie musicali durante il periodo della Quaresima. Era famoso allora da Milano a Roma, non soltanto per le sue cariche politiche ma anche per le disavventure private di un matrimonio da annullare, secondo la causa intentata dalla moglie Marianna Grassi Varesini, dopo 12 anni di convivenza, “ex capite absolutae perpetuae impotentiae”. Stigmatizzato dal Verri come “un Ercole che invece che allegare dei fatti cita degli autori”, lo sventurato e discusso marchese morì probabilmente senza discendenza.
Durante la parentesi napoleonica, nel 1809 e nel 1810, compare utente del palco Francesco Vandoni (1743-1818), possidente e proprietario anche del contiguo palco n° 5; ma se quest’ultimo venne mantenuto dagli eredi fino al 1843, il palco n° 6 alla sua morte passò al nobile Stanislao Giani, figlio di quel Girolamo che aveva consolidato la posizione sociale della famiglia ottenendo nel 1792 il titolo nobiliare con trasmissione sia maschile sia femminile, poi confermato nel 1816 all’indomani della Restaurazione.
Nel 1823 subentrò il notaio Levino Menagliotti, possidente di numerose proprietà a Malnate e marito di donna Elisabetta (detta Bettina) nata Brentani, intestataria del palco a partire dal 1826.
L’esplosione nel marzo del 1848 dei moti rivoluzionari delle Cinque Giornate di Milano e la sconfitta dei piemontesi nella prima Guerra d’indipendenza comportarono per la capitale lombarda la dura repressione austriaca, concretizzatasi con il giogo militare, con il prolungamento dello stato d’assedio anche nella censura e in una sorta di damnatio memoriae degli esponenti del ceto nobiliare bollato come inaffidabile e filo-sabaudo. È così che tra il 1849 e il 1855 nessuna notizia perviene sulla distribuzione dei palchi scaligeri. Dopo che l’ordine fu saldamente ristabilito una svolta nei rapporti tra i milanesi e l’amministrazione asburgica si ebbe grazie all’atteggiamento più conciliante del nuovo viceré del Lombardo-Veneto, l’arciduca Massimiliano d’Asburgo, fratello dell’imperatore, nominato in sostituzione del vecchio feldmaresciallo Radetzky. Così i palchettisti ricompaiono nelle fonti dal 1856. Ad occupare il palco dal 1856 al 1864 è donna Marietta Calderara Stabilini, vedova del conte Carlo morto nel 1854 senza figli, che lasciò erede del suo ingente patrimonio (sei milioni di lire, compreso il palazzo Calderara a Vanzago) l’ospedale Maggiore di Milano.
Ma un cambiamento politico più decisivo era alle porte e il teatro ne fu la rappresentazione sociale. Dopo la seconda guerra d’indipendenza e l’unificazione di quasi tutta la Penisola sotto la monarchia sabauda, nel 1865 il palco fu assegnato a una delle più importanti famiglie della nobiltà piemontese, i La Fléchère de Beauregard, nella persona del conte Claude Jacques (1780-?). Si trattava di un antico casato del ducato di Savoia, che vantava fin dal XIII secolo un susseguirsi di nomi illustri tra le cariche militari e ecclesiastiche. Fratello di Alexis-Ange, il conte Claude Jacques, storpiato nell’italiano Giacomo Lafer, nel 1873 lasciò il palco al nipote conte Alessio, ovvero Alexis de La Fléchère de Beauregard (1822-1887). Marito di Marie de Huillier d’Orcières, fu questi un attivo uomo politico, eletto per ben due volte al parlamento di Torino durante la VI e la VII legislatura del Regno di Sardegna.
Negli ultimi quindici anni, dal 1905 al 1920, il palco appartenne a Eugenio Fano, figlio di Israele (Innocente) Miracolo Fano ed Emilia Maroni, e ai suoi eredi, tutti appartenenti all’alta borghesia di origine ebraica: il padre, banchiere; il fratello Odoardo, garibaldino e benefattore anch’egli dell’Ospedale Maggiore; l’altro fratello. Rodolfo, azionista della De Angeli e C.; Enrico, “vero e bravo galantuomo”, consigliere del Comune di Milano, poi deputato e senatore del Regno d’Italia.
Nel 1920 si costituì l´Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune di Milano, iniziando l´eproprio, mise fine alla storia dell’Associazione dei palchettisti privati del Teatro alla Scala.
Maria Grazia Campisi (M.G.C.)
Proprietari
- Calderara Stabilini, Maria NobiliNobili1852|1856-1864
- De la Fléchère de Beauregard, Alexis NobiliNobili1873-1904
- De la Fléchère de Beauregard, Claude Jacques Nobili, MilitariNobili, Militari1865-1872
- Fano, Eugenio ProfessionistiProfessionisti1905-1920
- Giani, Stanislao NobiliNobili1817-1822
- Menagliotti Brentano, Elisabetta NobiliNobili1826|1831-1833|1835|1837|1839-1848
- Menagliotti, Levino ProfessionistiProfessionisti1823-1825|1827-1830|1834|1836|1838
- Molo, Giuseppe Antonio Nobili, MilitariNobili, Militari1778-1784|1787-1796
- Vandoni, Francesco NobiliNobili1809-1810|1813-1815