I Turati e l’industria cotoniera lombarda
Primo proprietario fu Gaspare Carlo Ordoño de Rosales (1709-1791), di antica famiglia spagnola trasferitasi nel Regno di Napoli al seguito di Ferdinando il Cattolico e trapiantatisi poi a Milano. Figlio di Diego e Teresa Visconti ricoprì la carica di Decurione della città di Milano. Gaspare Carlo sposò la contessa Daria Gambarana. Alla sua morte il palco rimase in eredità alla famiglia Ordoño de Rosales; forse da qui ebbe modo di assistere ad alcune rappresentazioni anche il giovane nipote Gaspare (1802-1887). Quest’ultimo in seguito si sarebbe distinto durante le guerre risorgimentali; per la causa italiana infatti mise a disposizione l’intero suo patrimonio e sacrificò tutto se stesso. Fu inoltre amico di Giuseppe Mazzini, con il quale tenne una fitta corrispondenza, e di altri celebri patrioti.
Nel 1809 e nel 1810 il palco viene lasciato ai Ministri del governo napoleonico, entrando a far parte dei palchi della Corona, per poi essere ceduto nel 1815 alla famiglia Monticelli Strada di Crema. Primo proprietario ne fu Pietro Monticelli Strada, cui seguì nel 1818 la moglie, marchesa Marianna nata Raimondi (1793-1859). Figlia di Pietro Paolo e Giuseppa Giovio, Marianna, non avendo fratelli bensì una sorella minore, ereditò i beni paterni. Nel 1812 andò in sposa a Giovanni Battista Monticelli Strada, possidente, consigliere comunale di Crema, poi di Milano, Ciambellano dell’Imperatore, figlio di Nestore e Quintilia Frecavalli, da cui non ebbe discendenti e del quale rimase vedova nel 1847.
I successivi proprietari del palco segnano l’emergere di esponenti della borghesia: i Turati, originari di Busto Arsizio e dediti al commercio e al prestito di denaro sin dalla metà del Settecento. La famiglia si divideva in numerosi rami; ai Turati Barbirolo apparteneva Francesco Antonio Turati (1802-1873), figura di spicco nel panorama economico milanese e lombardo, al quale dal 1858 è intestato il palco scaligero. Abile commerciante di cotone, Francesco, grazie al suo senso per gli affari fuori dal comune, divenne uno dei negozianti più ricchi di Milano. All’epoca la lavorazione e la vendita del cotone rappresentavano infatti il settore trainante dell’economia lombarda. Allo spirito imprenditoriale Francesco unì anche un forte interesse artistico che lo spinse ad acquistare numerose opere d´arte, dando origine alla collezione familiare. Nel 1848, dallo scioglimento della sua impresa nacquero due società distinte ma strettamente collegate, la Francesco Turati di Milano e la Francesco Turati di Busto Arsizio. Il suo ingente patrimonio fu investito in diverse iniziative: finanziò ad esempio lo stabilimento agrario di Corte Palasio (Lodi): partecipò, assieme ad altri imprenditori, a progetti volti alla realizzazione di strade ferrate e acquistò una quota della Società Concessionaria delle Ferrovie del Lombardo Veneto. Per questi e altri meriti il 4 settembre del 1862 il re Vittorio Emanuele II lo insignì del titolo di conte, trasmissibile ai discendenti maschi primogeniti. Contribuirono a sancire l’affermazione del Turati sulla scena milanese i figli che contrassero matrimoni con importanti famiglie lombarde. Ai due fratelli, Ercole ed Ernesto, si devono i due contigui palazzi milanesi rispettivamente in via Meravigli n. 7 e n. 9-11: il trasferimento della residenza a Milano rappresentava un’autentica dichiarazione del nuovo status sociale. Il primo edificio fu costruito nel 1876 su progetto dell’architetto Enrico Combi, ispirato al palazzo dei Diamanti di Ferrara per realizzare il bugnato della facciata in stile neo-rinascimentale. Il secondo, invece, risale al 1880 e fu opera degli ingegneri Ponti e Bordoli; oggi ospita la Camera di commercio di Milano. A Ernesto (1834-1918) passò il palco nel 1875. Industriale cotoniero, fu come Emilio, appassionato di scienze naturali; ebbe una particolare predilezione per l’entomologia e la malacologia. Nel 1859 si arruolò come volontario nell’esercito di Sardegna combattendo durante la Seconda guerra d’indipendenza. Le attività imprenditoriali dei Turati ebbero termine con la vendita del cotonificio milanese nel 1928.
Nel luglio del 1920 si registra l’ultimo cambio di proprietario del palco, che passò all’imprenditore e politico Silvio Benigno Crespi (1868-1944), la cui famiglia proveniva anch’essa da Busto Arsizio. Figlio di Cristoforo e Pia Travelli, collaborò e poi sostituì il padre nella conduzione del cotonificio di Crespi d’Adda, presso cui aveva costruito il celeberrimo villaggio operaio. Laureatosi in giurisprudenza, si recò in Inghilterra, Francia e Germania per conoscere le più moderne tendenze dell’industria cotoniera. Sposò Teresa Ghislieri. Come industriale, mostrò una particolare attenzione alle condizioni di lavoro degli operai. Fu inoltre presidente della Banca Commerciale Italiana e dell’Automobile Club di Milano. Assai rilevante fu il suo impegno politico che lo vide deputato e senatore nelle file dei cattolici liberali, sottosegretario agli approvvigionamenti durante la Prima guerra mondiale, ministro nel Governo Orlando e ministro plenipotenziario al termine della Grande Guerra. Fu in quest’ultima veste che firmò la pace di Versailles. Si ricordano anche i suoi numerosi brevetti e invenzioni, tra cui un telaio circolare.
Nel 1920, si costituisce l’Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune inizia l´esproprio dei palchi privati, concludendone la storia.
Lorenzo Paparazzo (L.P.)
Proprietari
- Beni della Corona 1809-1810
- Crespi, Silvio Benigno ImprenditoriImprenditori1920
- Monticelli Strada, Pietro NobiliNobili1815|1817
- Monticelli Strada Raimondi, Marianna Aloisia NobiliNobili1818-1848|1852|1856-1857
- Ordoño de Rosales, Gaspare Carlo NobiliNobili1778-1784|1787-1796
- Ordoño de Rosales, Luigi Nobili, Patrioti, MilitariNobili, Patrioti, Militari1813-1814
- Turati, Ernesto Nobili, Imprenditori, Professionisti, MilitariNobili, Imprenditori, Professionisti, Militari1875-1919
- Turati, Francesco Antonio Nobili, ImprenditoriNobili, Imprenditori1858-1874