Teatro Alla Scala di Milano

Una galleria di personaggi

Palco n° 7, III ordine, settore sinistro
13
Uomini
2
Donne
3
Nobili
4
Imprenditori
1
Letterati
3
Benefattori
5
Professionisti
2
Militari
2
Funzionari
1
Ecclesiastici

Dal 1778 al 1920, gli anni in cui era possibile possedere il proprio privato affaccio sul palcoscenico della Scala e di conseguenza sulla società milanese, il palco n° 7 del III ordine sinistro, a differenza di tanti altri che presentano una certa continuità e omogeneità nella successione dei proprietari, vede un avvicendarsi di personaggi molto vari, per provenienza, posizione e ruolo sociale. Il palco passa infatti, senza presunte derivazioni familiari dirette, dal tesoriere senza sorte al giurista, dal sacerdote latinista al ragioniere, dall’avvocato al console argentino. Ma procediamo secondo l’ordine cronologico delle fonti.
Nel 1778, all’inaugurazione del nuovo Teatro alla Scala, primo proprietario è il tesoriere militare della Lombardia, il marchese Giuseppe Antonio Molo (1729-1796), famoso allora da Milano a Roma non tanto per le sue cariche politiche quanto piuttosto per le disavventure private di un matrimonio da annullare, secondo la causa intentata dalla moglie Marianna Grassi Varesini, dopo 12 anni di convivenza, “ex capite absolutae perpetuae impotentiae”. Stigmatizzato da Pietro Verri come “un Ercole che invece che allegare dei fatti cita degli autori”, lo sventurato e discusso marchese presumibilmente morì senza figli e quindi senza discendenza.
Durante il periodo napoleonico il palco viene assegnato al Consigliere di Prima Istanza Francesco Appiani (1765-1816), giurista: nel 1790 egli risulta membro con Cesare Beccaria della Giunta per la stesura di un codice penale e nel 1812 pubblica un Saggio di giurisprudenza elementare secondo il codice civile di Napoleone il Grande. Primo marito di Carolina de Carolis (1785-1829), da lei ha tre figli, Giovanni (1803-1850), Giuseppe (1804-1850) e Alberico (1807-dopo il 1861), eredi del palco alla morte del padre. Carolina nel 1817 si risposa con Fortunato Venini, aggiungendo il cognome di questi a quello degli Appiani, che compaiono infatti come fratelli Venini Appiani.
Nel 1845 il palco cambia un’altra volta proprietari: dapprima gli Staurenghi e poi i Baroggi, entrambi legati alla località di Proserpio, in provincia di Como, dove tuttora sorgono le due ville signorili. Don Antonio Staurenghi (1791-1882), “forte personalità del clero ambrosiano ottocentesco”, è il primo sacerdote secolare dai tempi dei Borromeo al quale viene affidata la direzione del Seminario arcivescovile di Milano. Rettore e vicedirettore del liceo ginnasio della diocesi e grande latinista, parroco e prevosto di Alzate Brianza, si prodiga con amore paterno per la parrocchia, rinunciando persino nel 1854 alla sede vescovile di Crema che gli era stata offerta. Paolo Staurenghi (1786-1851), proprietario del palco dal 1846, è un ragioniere, consigliere provinciale, titolare dell’omonima ditta e sostenitore della ferrovia Lecco-Taceno che avrebbe dovuto percorrere la Valsassina, progetto mai realizzato.
I Baroggi subentrano agli Staurenghi dopo alcuni matrimoni che avevano saldato l’unione delle due famiglie. Aquilino Baroggi (1801-1874), commerciante in sete, aveva sposato Isabella Londonio, o Landonio, cognata di Stefano Staurenghi. La villa Baroggi Meraviglia Mantegazza di Proserpio poteva vantare tra gli ospiti illustri poeti quali Ugo Foscolo e Vincenzo Monti, che proprio al padre di Isabella, Carlo Giuseppe Londonio, aveva dedicato la prima edizione della sua traduzione dell’Iliade. Carlo Baroggi Staurenghi (1838-1895), avvocato, figlio di Aquilino e Isabella, assume il cognome Staurenghi dallo zio Carlo, morto senza prole; socio contribuente della Società per le Belle Arti ed esposizione permanente in Milano, aveva sposato Cristina Manzoni, figlia dello scrittore Alessandro, della quale rimarrà vedovo nel 1841.
Nel 1874 il palco diventa lo spazio di rappresentanza di Juan Francisco Pelanda (?-1892), console di Argentina a Milano, per passare nel 1877 ai fratelli Radice, Ercole (1854-1901), ingegnere, eletto alla Camera nel 1892 e Iginio (1844-?), avvocato e cavaliere, per passare poi alla figlia di quest’ultimo, Maria maritata Bongiovanni. Dal 1918 compare un ennesimo proprietario, Guido Cesare Cantalupi (1867-?): terrà il palco sino al 1920, quando si costituisce l´Ente autonomo Teatro alla Scala e il Comune di Milano inizia l´esproprio dei palchi privati.

Maria Grazia Campisi (M.G.C.)

Proprietari