Teatro Alla Scala di Milano

Dai primi agli ultimi nobili

Palco n° 8, III ordine, settore sinistro
9
Uomini
3
Donne
7
Nobili
1
Letterati
4
Benefattori
1
Militari
2
Funzionari

Dal 1778 al 1782 il palco è in comproprietà tra il marchese Carlo Gerolamo Bonacossa (dal 1780 la proprietà viene indicata come “casa Bonacossa”) e il marchese Giuseppe Viani (1733-1783). Quest’ultimo, già palchettista del Teatro Ducale, era stato eletto nel marzo del 1776 dal Corpo dei Palchettisti tra i dodici Consiglieri Delegati ai quali veniva demandata la facoltà di trattare con l’arciduca, l’architetto Piermarini e la ditta appaltatrice e di decidere a nome di tutti i palchettisti sulla costruzione del nuovo Teatro alla Scala. Il marchese ricopre anche l’incarico di cassiere della Società dei palchettisti ma nel settembre del 1777 si dimette da entrambi gli incarichi a seguito di una controversia sull’assegnazione dei palchi di IV ordine.
Al pari di altri illustri patrizi Giuseppe Viani è proprietario di più di un palco: oltre a quello in comproprietà con Bonacossa, ne possiede uno in IV ordine (n° 7, settore destro) e uno centrale nel più prestigioso I ordine (n° 12, settore sinistro) dei quali è proprietario unico. Di Bonacossa non si conoscono eredi, il marchese Viani invece ha una sola figlia, Maria Teresa (1761-1845), sposata nel 1785 con il marchese Giulio Dugnani, la quale insieme al patrimonio paterno eredita due dei palchi. Il palco n° 8 in III ordine, invece, nel 1783 risulta intestato ad Angiola Cattaneo (?-1809), coniugata con Carlo Righini.
Durante il dominio francese utente del palco è Leopoldo Staurenghi, dal 1800 al 1802 commissario della Repubblica Cisalpina e quindi nel 1809 titolare della prefettura del Rubicone; nel 1810 ne usufruisce il marchese Francesco Cusani Visconti.
Nel 1813, con le prime sconfitte di Napoleone, il palco n° 8, come molti altri, ritorna alle famiglie dei vecchi proprietari e, nel nostro caso, alla baronessa Carolina Righini (1777-1818), erede della madre Angiola Righini Cattaneo, coniugata con il barone Emanuel von Schlieben “capitano di piazza” dell’I. R. esercito asburgico. Morta Carolina, il palco dal 1818 ha come nuovo proprietario Antonio Rejna, assessore, giudice di pace e quindi podestà di Gallarate, benefattore dell’Ospedale di Sant’Antonio abate per legato testamentario del 1824 e proprietario anche del palco n° 7, II ordine destro.
Dal 1835 al 1839 intestatario è Carlo Ottavio Castiglioni (1785-1849) conte di Garlasco, figlio di Alfonso e di Eleonora Crivelli, discendente da un’antica famiglia patrizia milanese che nel Medioevo aveva dato alla chiesa due pontefici, Urbano II e Celestino IV, e tre cardinali arcivescovi di Milano. Il padre, deputato dalla Congregazione dello Stato di Milano presso la corte degli Asburgo, si era trasferito con la famiglia a Vienna nel 1791, cosicché il giovane Castiglioni aveva avuto modo di acquisire un’ottima conoscenza della lingua tedesca. Ritornato a Milano nel 1794 aveva quindi approfondito lo studio delle lingue classiche (greco, latino, sanscrito) e moderne (francese, inglese, spagnolo, portoghese olandese, ma anche arabo, turco, persiano). Nel 1815 sposò Carolina Borromeo Arese, figlia di Giberto marchese di Angera, dalla quale ebbe due figlie che attraverso i loro matrimoni rinsaldarono i legami con l’élite della nobiltà lombarda: Luigia sposa Giovanni Ambrogio Cornaggia Medici della Castellanza ed Elisabetta Gerolamo Litta Modignani. Castiglioni si valse delle sue conoscenze linguistiche per riordinare la raccolta di monete arabiche di Brera su invito di Gaetano Cattaneo direttore del Gabinetto numismatico di Brera, redigendo un preciso catalogo, pubblicato nel 1819, che includeva la successione di califfi e sultani che dominarono le regioni dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa cui quelle monete appartenevano. Grazie ai suoi studi di glottologia e di filologia germanica fu chiamato da Angelo Mai, insigne filologo e cardinale, a decifrare alcuni palinsesti della Biblioteca Ambrosiana scritti in antico alto tedesco e in caratteri gotici. Dell’ampiezza dei suoi interessi e dei suoi studi diede prova pubblicando una storia della lingua copta. A coronamento e riconoscimento del suo valore di studioso l’imperatore d’Austria Ferdinando I lo nomina nel 1840 Presidente dell’Istituto Lombardo di scienze e lettere.
Già nel 1836 il Castiglioni aveva ceduto il palco a Giovanni Paolo Ravizza (1765-1844), benefattore dell´Istituto dei Ciechi e padre di Giuditta e Clara; quest´ultima lo eredita nel 1845, mantenendone il possesso per mezzo secolo. Clara Ravizza (1811-1898), socia della Società delle belle arti, sposa nel 1846 Giovanni Masciaga, dottore in legge e socio benemerito della Regia Accademia Raffaello d’Urbino che gli dedica il volume degli Atti del 1873; quindi, in seconde nozze nel 1885, Luigi Podestà, facoltoso possidente di ben ventisei anni più giovane. Creato nobile da Umberto I e insignito dell’onorificenza di Gran Cordone della Corona d’Italia, Luigi Podestà fu consigliere provinciale di Novara, sindaco di Divignano, deputato al parlamento dal 1898 al 1913, anno in cui venne nominato senatore del regno. Nel suo fascicolo presso la biblioteca del Senato si legge che fu valente amministratore quale sottoprefetto e regio commissario straordinario nei comuni di Vigevano, Lodi e Oneglia. Dalla stessa fonte apprendiamo che fu anche un appassionato collezionista di oggetti d’arte custoditi nella sua villa a Monza e nel castello di Divignano, piccolo borgo in provincia di Novara. Nel 1897 Luigi Podestà (1838-1929) eredita dalla moglie il palco e ne mantiene la proprietà sino al 1920, anno in cui si costituisce l’Ente Autonomo Teatro alla Scala e il Comune di Milano inizia l´esproprio dei palchi privati.

Antonio Schilirò (A.S.)

Proprietari