Teatro Alla Scala di Milano

I palchettisti che fecero grande Milano

Palco n° 13, IV ordine, settore sinistro
12
Uomini
4
Nobili
5
Imprenditori
6
Benefattori
3
Professionisti
1
Militari
1
Funzionari

I Crivelli, originari di Cuggiono in provincia di Milano, furono una delle più antiche e potenti famiglie patrizie lombarde, annoverando nel corso dei secoli alti dignitari di corte, ambasciatori, cavalieri di Malta e, nel Medioevo, persino un papa, Urbano III (Uberto Crivelli, 1120-1187). Imparentati con casati di pari dignità nobiliare, dai Borromeo ai Serbelloni, ai Belgiojoso, ai Bigli, ai Trivulzio, la loro discendenza nel tempo si è articolata in diversi rami, uno dei quali - i marchesi di Agliate - comprende una dinastia di palchettisti al Teatro alla Scala. Come molte altre famiglie nobili di alto lignaggio i Crivelli possedevano più di un palco: al momento dell’apertura del Teatro nel 1778, avevano il n° 18 nell’esclusivo I ordine, settore destro, e il n° 13 nella quarta fila acquistato all’asta del primo aprile 1778 per 4900 Lire austriache. Proprietario di entrambi i palchi fu il marchese Tiberio Crivelli (1737-1804), ciambellano imperiale e assessore del Tribunale Araldico di Milano, coniugato con la marchesa Fulvia Bigli (1741-1828), palchettista (n° 15, II ordine, settore sinistro) e sorella di Vitaliano Bigli, uno dei tre Consiglieri Delegati che per conto della Società dei palchettisti seguirono i lavori di costruzione del Teatro alla Scala, titolare di palchi nei prestigiosi I e II ordine.
Con l’arrivo dei francesi a Milano nel maggio 1796, mentre il palco n° 18 del I ordine rimase agli eredi di Tiberio Crivelli, quello del IV ordine ebbe due nuovi proprietari: Giacomo Pinchetti e Francesco Predabissi (1768-1834), che si alternavano nei giorni dispari il primo, nei giorni pari il secondo. Pinchetti, di famiglia borghese, geografo e capo disegnatore dell’Ufficio del Censo (il catasto), diede alle stampe nel 1801 la prima pianta di Milano, estremamente precisa e accurata nella rappresentazione degli isolati e dei singoli edifici per la certa derivazione dalle coeve elaborazioni catastali, condotte dallo stesso autore. La sua attività continuò anche dopo il rientro degli austriaci: nel 1831 pubblicò la preziosa Carta geografica e postale del Regno Lombardo-Veneto. Francesco Predabissi, avvocato, nobile, signore di Vizzolo e Calvenzano podestà di Vimercate durante la Repubblica Cisalpina, Giudice di Cassazione sotto il Regno Napoleonico fu Consigliere di Stato dell’amministrazione austriaca, benefattore con un legato di 100.000 lire dell’Ospedale Maggiore, che ne conserva un ritratto in veste di magistrato; una lapide sulla facciata della chiesa di Santo Stefano a Milano nell’omonima piazza lo ricorda inoltre per aver istituto per testamento una singolare Opera Pia: l’assegnazione di un premio in denaro “ai domestici che avessero prestato fedele assistenza ad un unico datore di lavoro, onde promuovere la moralità delle persone di servizio”.
Nel 1818, dopo il ritorno degli austriaci, a Pinchetti subentrò nella proprietà condivisa con i Predabissi il barone Antonio Smancini, (1766-1831) avvocato a Cremona appartenente alla loggia massonica “giuseppina” che con l’arrivo dei francesi si era dato alla vita politica, ricoprendo diverse cariche fino ad essere chiamato a far parte della Consulta legislativa della seconda Repubblica Cisalpina, nel 1800, per poi diventare ministro della polizia e della giustizia; nonostante ai Comizi di Lione si fosse opposto alla nomina di Napoleone a presidente della Repubblica Italiana, nel 1807 divenne Consigliere di Stato e nel 1809 prefetto dell’Adige, per poi essere creato barone nel 1812. Amico di Vincenzo Monti e Ugo Foscolo, con il ritorno degli austriaci si ritirò a vita privata a Milano.
La nobildonna Sofia Predabissi (1812-1871), figlia di Francesco, sposata con il dottore Carlo Alfieri, nel 1836 ereditò dal padre la metà del palco ma divenne intestataria anche dell’altra metà che probabilmente acquisì da don Francesco Smancini dopo la morte del barone Antonio. Come è frequente nelle famiglie nobili e altoborghesi, donna Sofia e il marito si dedicarono ad opere di beneficenza e di solidarietà sociale: “Protettori e Protettrici del Pio Istituto di mutuo soccorso fra i Maestri e le Maestre della Lombardia”, fondato nel 1857, Patroni il duca Raimondo Visconti di Modrone, il duca Lodovico Melzi d’Eril, il conte Balzarino Litta-Biumi, il cavaliere Cesare Cantù; “Azionisti sejennali paganti (Lire 86) per concorrere all’educazione dei sordo-muti poveri della Provincia di Milano”; sottoscrittori del monumento al grecista Felice Bellotti (1860) e di quello allo scrittore Tommaso Grossi promosso da Alessandro Manzoni “per rendere testimonianza di devozione a Tommaso Grossi, il quale con le sue opere ha tanto onorato il nostro paese”. La nobildonna Sofia, alla sua morte, lasciò in dono il suo patrimonio al Comune di Vizzolo per la fondazione di un ospedale. Il 26 luglio 1863 aveva ottenuto per decreto di far aggiungere al toponimo locale il proprio cognome.
Dal 1872 il palco è di proprietà del commerciante milanese Giuseppe Bertarelli (1804-1875), che dalla moglie Giovanna Rotondi, originaria di Galbiate, ebbe sette figli, cinque maschi (Tomaso, Luigi, Martino, Ambrogio, Enrico) e due femmine (Caterina e Annetta Vincenzina). Il Foglio Commerciale di Milano del 5 gennaio 1838 riporta la notizia che Giuseppe Bertarelli ha costituito una “società in accomandita pel commercio di coloniali e relativi, e fabbrica di candele di cera” sita in Contrada di Santa Maria Segreta 2440 e Borgo di Porta Comasina 2129. Nel 1874 acquistò una preziosa villa del Settecento a Galbiate, attestata nel catasto teresiano fin dal 1721, appartenuta alla famiglia Gariboldi, proprietaria terriera di Galbiate, quindi a Giuseppe Villa, il cui figlio, Luigi, fu ministro degli Interni della Repubblica Italiana e del Regno Italico. Nel 1799 la villa fu venduta al banchiere milanese Pietro Ballabio, titolare della Ballabio Fratelli & Besana, forse il primo istituto di credito cittadino a cavallo fra Sette e Ottocento; da lui l’acquistò Giuseppe Bertarelli.
I cinque figli, che divennero proprietari della Ditta Figli di Giuseppe Bertarelli e del palco con la morte del padre, furono protagonisti della vita milanese del tempo, che alternava imprenditoria, filantropia, curiosità verso mondi nuovi e nuove vie commerciali. Tomaso Bertarelli (1837-1924), commendatore e quindi, dal 1914, Grande ufficiale, membro del Consiglio di Reggenza della Banca d’Italia (1879-1894), presidente del Consiglio d’amministrazione della Banca d’Italia (1898-1900), nel 1915 fondò l’Officina nazionale per le protesi dei mutilati di guerra e beneficò la sezione foto-radioterapica dell’Ospedale maggiore pochi mesi prima della morte, seguendo l’esempio dei fratelli Luigi e Ambrogio. Luigi Bertarelli (1846-1928), è elencato fra i benefattori dell’Ospedale Maggiore; sindaco di Galbiate nel 1921-1922, vi promosse il monumento ai caduti. Ambrogio Bertarelli (1849-1936), medico dermatologo, successe a Carlo Forlanini nel 1885 come primario specialista dermosifilografo dell’Ospedale Maggiore. A lui si deve la Clinica dermatologica di via Pace e il suo ritratto, come quello di Tomaso e Luigi, è conservato nella quadreria dell’Ospedale. Enrico Bertarelli (1856-1913) con il fratello Martino lavora per l’incremento dei rapporti industriali e commerciali fra l’Italia e l’America del Sud. Viaggiatore instancabile - si ricorda nel necrologio su La Rassegna Nazionale - in India, a Ceylon, nell’Asia russa, nello Yemen, a Giava, in Giappone, in Cina lasciò articoli e libri a testimoniare le sue avventure. Martino Bertarelli (?-1900), chimico, dal 1887 al 1890 fu vicepresidente della Società d’esplorazione in Africa e consigliere del suo periodico ufficiale, L’Esplorazione commerciale fondato da Manfredo Camperio, proprietario del palco n° 16 del III ordine, settore destro. La famiglia Bertarelli è ricordata fra le benemerite di Galbiate per aver messo a disposizione il terreno e contribuito in modo determinante alla costruzione dell’Asilo Infantile opera dell’ing. Santamaria inaugurato il 16 ottobre 1909, che dal 1931 portò l’intitolazione a Giovanna e Giuseppe Bertarelli. Il palco rimase intestato a Tomaso e fratelli sino al 1920, anno in cui il Comune iniziò l´esproprio dei palchi e si costituì l´Ente autonomo Teatro alla Scala.

Antonio Schilirò (A.S.)

Proprietari