Teatro Alla Scala di Milano

Il palco dei Trivulzio Manzoni

Palco n° 6, IV ordine, settore sinistro
10
Uomini
3
Donne
10
Nobili
1
Imprenditori
1
Musicisti
1
Benefattori
2
Professionisti
1
Funzionari

Ad aggiudicarsi per primo la proprietà del palco, nell´asta del primo aprile 1778, fu il conte Ambrogio Cavenago (1732-1802), che già possedeva il n° 16 del III ordine destro. Esponente di una delle famiglie benestanti di Milano, ambizioso e devoto alla Casa d’Austria, il conte aveva incrementato la proprietà feudale nella contea di Trezzo ed era divenuto Ciambellano Reale, oltre che uno dei LX Decurioni di Milano nel 1759. Di conseguenza ebbe poca fortuna con l’arrivo di Bonaparte: gli venne addirittura chiesto un risarcimento per i danni provocati dall’armata austro-russa sui suoi possedimenti trezzesi, un giro di parole che si traduceva in realtà con delle sottrazioni indebite per approvvigionare le truppe francesi. E così durante la parentesi napoleonica, il conte Ambrogio - come tanti altri - perse pure il proprio spazio alla Scala e il palco venne affidato a nomi più graditi al nuovo regime politico.
Nel 1809, nelle poche fonti conservate del periodo, risultano come utenti il mercante Ignazio Prata, che lavorava nelle spedizioni delle merci spesso sotto l’ordine del fermiere Antonio Greppi (palchettista), e Giuseppe Cotta Morandini (? - 1842), uomo di punta del governo francese, procuratore generale della Corte di giustizia del Dipartimento dell’Agogna comprendente tutte le terre fra il Ticino e il Sesia (uno dei dipartimenti voluti da Bonaparte), che nel 1822, sotto gli Asburgo, venne nominato consigliere del Tribunale d’appello di Milano. Nonostante ciò, dopo la disfatta di Lipsia nel 1813 e il declino di Napoleone, non mantenne il palco che ritornò ai Cavenago, ovvero agli eredi del conte Ambrogio.
La vedova del conte Cavenago, Anna Maria Rühla von Rühla, si occupò dell’eredità e il palco venne venduto nel 1815 a Giuseppe Camillo Trivulzio Manzoni (1753-1828), conte di Pontenure, dell’insigne casata dei Trivulzio; era figlio di Antonio e di Marianna Manzoni, essa stessa proprietaria di un palco (n° 9, II ordine, settore sinistro), il cui cognome venne aggiunto a quello dei Trivulzio proprio dal figlio Giuseppe.
Dal 1815 al 1920, i Trivulzio Manzoni mantennero il possesso del palco secondo un filo genealogico che li vide unirsi ad altri importanti nomi del patriziato milanese e lombardo. Angelo Maria Trivulzio Manzoni (1794-1871), figlio di Giuseppe Camillo e di Costanza Durini, sposato con Maria Caccia nel 1824, ereditò il palco nel 1856 e alla morte lo lasciò ai figli: Giuseppe (1828-1890), marito di Elisabetta Gallarati Scotti, e Gerolamo Trivulzio Manzoni Caccia (1829-?), che aveva ottenuto la licenza di acquisire e aggiungere il cognome della madre al proprio. Dal 1877 si unì alla proprietà la sorella Giuseppina "maritata contessa Porro Lambertenghi”. Era questa la moglie di Gilberto (o Giberto) Porro Lambertenghi, figlio di Anna Serbelloni e del patriota Luigi, condannato a morte in contumacia, ospite di Ugo Foscolo a Londra e ritornato a Milano solo con l’amnistia del 1840. Gilberto, insieme ai fratelli, aveva avuto come precettore Silvio Pellico. Era appassionato di tennis e fu il primo a scrivere su tale disciplina sportiva.
Nel 1883 vennero aggiunti alla proprietà del palco i figli di Gilberto e Giuseppina, Angelo Maria Porro Lambertenghi e Maria, moglie dell’avvocato e commendatore Giovanni Giacobbe. Appassionata di musica, dedicataria di composizioni pianistiche, Maria era amica di Vittoria Cima, che vedeva ospiti nel suo salotto tanto gli Scapigliati quanto giovani industriali come De Angeli e Pirelli. Anche Maria aveva un salotto, aperto a intellettuali, compositori e artisti: lo teneva nella casa del marito a Magenta, di recente restaurata e ancor oggi nota come Casa Giacobbe. Di lei “dama bella e gentile… aristocratica per modi e per intelligenza, per cultura e per cuore” scrisse una commemorazione il commediografo Giannino Antona Traversi, figlio di un palchettista, l’avvocato Giovanni Pietro. Giannino venne coinvolto in una appassionata e triste relazione con la musicista Hilda Ballio; si rimane stupiti di quanti scenari possa aprire una “apparentemente semplice” storia di un palco scaligero.
Dopo i Porro Lambertenghi, dal 1904, il palco rimane al ramo familiare di Giuseppe Trivulzio Manzoni sotto l’indicazione di “eredi”: non sappiamo i loro nomi perché non compaiono altri intestatari sino al 1920 quando, con la costituzione dell’Ente autonomo Teatro alla Scala e l´esproprio dichiarato dal Comune di Milano, si avvia a conclusione la storia della proprietà privata dei palchi.

Maria Grazia Campisi (M.G.C.)

Proprietari